Tutti sappiamo che il nostro corpo e le nostre mani parlano. Gesti, tono di voce, contatto di occhi, postura, lo spazio fisico tra le persone, possono “comunicare” molto di più di tante parole. Un noto terapeuta, Alexander Lowen, scrive: “In tanti anni di terapia ho capito che le parole non bastano a trasformare le persone. Se stai male, puoi parlare quanto vuoi, ma è il tuo corpo che dovrà cambiare.”

In questi venti anni, con colleghi, prendendo spunto dalla psicologia clinica, abbiamo costruito un sistema di “linguaggio corporeo intenzionale”, rivolto a capi e coordinatori di gruppi, ma anche ad agenti della vendita e delle pubbliche relazioni, a coach e mentori. L’applicazione saliente è che il soggetto, o facilitatore, può ricorrere intenzionalmente a segni corporei, per dare più carica e più immediatezza alle sue mosse comunicative. È nato così un vero e proprio repertorio, detto “corpo esperto applicato” (Cea): segni gestuali e accorgimenti che tendono a rimarcare la valenza di segno fisico, materiale per facilitare l’interazione, spesso carica di barriere e malintesi, presso riunioni, colloqui, tavoli, front-office (De Sario, 2006).

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