Gli impulsi provenienti dalle ricerche della Biosistemica sono stati intensi e costanti (Liss, 1992, 2000, 2004). In quegli anni Jerome ed io avevamo una doppia attenzione quando osservavamo la vita dei gruppi:

la prima era scorgere quella assidua bipolarità tra fenomeni positivi e negativi, pressoché inevitabili in ogni compagine e team; la seconda era che via via ci convincevamo che le parti nel momento di tensione e confronto quasi sempre tendevano a peggiorare e polarizzare le idee e le decisioni.

Lì c’era bisogno di metodi e soggetti che potessero garantire moderazione, ma ancora prima, ascolto e sosta esplorativa nelle difficoltà.

È Liss che scrive: «Come facilitatori possiamo imparare a stare nella negatività, far parlare le parti in maniera protetta, aumentarne il senso del confronto, anche del dilemma, questo confronto difficile “carica” il cervello, le soluzioni affrettate possono solo appiattirlo».

Il consulente esterno, oppure un collega non implicato, a volte un capo, possono tutti assumere la posizione di “terzo” tra le parti in conflitto. Assumere cioè il ruolo di facilitatore con abilità di mediatore. Un osservatore esterno è spesso più accurato nella definizione degli stati critici rispetto ai soggetti coinvolti e tende a vedere in maniera più vivida i reali elementi di blocco, che in ogni situazione gli attori tendono invece a nascondere o a rigettare.

La presenza di un “terzo” la immagino non per ogni piccolo evento, ma almeno in tre tipologie chiave:

  • Riunioni di scontro e antagonismi
  • Riunioni di cambiamento organizzativo
  • Riunioni di progettazione complessa e multi-attore

ANNO DI PROGETTAZIONE: 2005

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