La Storia della Facilitazione
Le motivazioni che hanno portato alla nascita della Facilitazione, come disciplina teorica e pratica, sono state riassunte in primis dagli ideatori: dapprima dalla psicologia umanistica di Carl Rogers, poi, sul piano educativo, dalla pedagogia di Malcom Knowles. Nelle loro ricerche Rogers e Knowles sostengono che l’apprendimento più significativo è quello capace di tradursi in nuovi comportamenti1, individuando un filo continuo tra teoria e pratica, tra componente mentale e azione a cui far seguire. Questa connessione tra pensiero e azione si verifica quando il soggetto agisce in quanto facilitatore, ovvero crea un’atmosfera in cui può realizzare con l’altro un percorso di potenziamento e ne favorisce la sua crescita, che a sua volta si riverbera per via migliorativa anche sulla propria. La funzione facilitatrice consiste nel destare l’attenzione e l’interesse, nel sostenere le motivazioni, nel predisporre i contenuti snelliti e messi in risalto con accorgimenti relazionali che ne favoriscano la ricezione, la sintesi e una qualche spinta all’attivazione.
Carl Rogers | Malcom Knowles |
Il concetto di facilitazione è stato poi ripreso da numerosi altri autori ed è stato aperto a diverse altre interpretazioni e discipline, la pedagogia (Mauro Laeng, Lucia Lumbelli), l’urbanistica (Ray Lorenzo), l’apprendimento aziendale (Alec Lewis), la sociologia (Lauren Abramson). Va tenuto presente che l’espletamento di questa funzione si fonda anche sulla leadership, ovvero tocca da vicino le questioni relative all’esercizio del potere, alle forme dell’autorità e del controllo e ai loro limiti.
Per quanto concerne il settore del cambiamento sociale, la facilitazione si è irrobustita con i lavori di Jerome Liss, mentre il mondo delle aziende con la consulenza di processo di Edgar Schein, in cui il consulente agisce presso il cliente come un facilitatore. In particolare, dagli studi del prof. Liss, a cavallo tra psicosociologia e neuroscienze e culminati nella Comunicazione ecologica e nella Biosistemica, la Facilitazione esperta ha tratto spunti concettuali e metodologici fondamentali.
Jerome Liss | Danilo Dolci |
Molti principi utili alla facilitazione si trovano inoltre nell’opera immensa di Danilo Dolci, che aveva individuato nella cosiddetta “relazione maieutica” le basi del processo educativo. Il pensiero di Dolci si ispira alla relazione che Socrate intratteneva coi suoi studenti, fondata su una serie di domande fatte con lo scopo di tirare fuori la verità che il giovane possedeva già dentro di sé inconsapevolmente. Nella relazione e nel gruppo, su tante questioni i membri hanno già delle loro idee che con un’azione facilitatrice e maieutica (dal basso in alto) possono trovare voce e venire fuori. Il facilitatore, dunque, include e coinvolge il soggetto, anche quando egli stesso è più apatico e demotivato, su una linea che collega il rispetto da una parte e la sollecitazione-incoraggiamento dall’altra.
Per arrivare alla Facilitazione esperta (De Sario, 2005, 2010), che attinge alle diverse aree scientifiche, da cui il suo modello, Face-model, prende spunto rispettivamente da:
Management umanistico: Chris Argyris, Donald Schön, Karl Weick, Edgar Schein, Manfred Kets de Vries.
Chris Argyris | Donald Schön | Karl Weick | Edgar Schein | Manfred Kets de Vries |
Psicologia sociale: Jerome Liss, Kurt Lewin, Daniel Stern, Daniel Goleman, Carl Rogers, Daniel Kahneman.
Kurt Levin | Daniel Stern | Daniel Goleman | Daniel Kahneman |
Neurobiologia interpersonale: Joseph LeDoux, Antonio Damasio, Steven Porges, Daniel Siegel, Richard Davidson, Louis Cozolino.
Joseph LeDoux | Antonio Damasio | Steven Porges | Daniel Siegel | Richard Davidson | Louis Cozolino |
Pedagogia attiva: David Kolb, Malcom Knowles, Edgar Morin.
David Kolb | Edgar Morin |
La facilitazione è un insieme di mappe e metodi collaudati che via via aggiorniamo perché siano più aderenti ai contesti attuali, alle nuove sfide e difficoltà. A guidarci è la convinzione che questa pratica possa connettere i fattori operativi dell’agire (il lavoro, il fare), coi fattori esistenziali della relazione (le persone, l’essere), la sussistenza e la convivenza, i beni materiali e i beni relazionali. Per un’integrazione vincente!